Giorgio Chiellini è intervenuto in diretta sul social LinkedIn. Ecco le sue dichiarazioni.
TENSIONI – “Finale Europeo? Devo ammettere che la fortuna che ho avuto è di esserci arrivato a 37 anni dopo averne fatte tante altre. L’abitudine a vivere certe emozioni e tensioni è stata molto importante. Per gestire i momenti pre partita e soprattutto dopo la partita, con gli imprevisti che ci sono sempre in eventi così importanti. Deve essere bravo a sdrammatizzare, a non caricarti di tensione. Serve cercare lo svago, poi è chiaro che la mente va lì. Durante la partita serve mantenere sempre la calma, l’equilibrio, la lucidità, Senza farsi prendere dalle emozioni. Che per me sono importanti sempre. Siamo stati molto bravi rispetto al passato a mantenere la lucidità anche dopo aver preso gol, in casa loro. Non abbiamo fatto come accaduto in Ucraina 4 anni prima: le esperienze passate con la Juve mi sono state utili per gestire questi momenti difficili”.
MOMENTI DIFFICILI – “Bisogna analizzare, con grande equilibrio ma vedere quali sono le difficoltà. Situazione chiara dentro di sé delle problematiche dei momenti difficili. Poi cercare le soluzioni: superare un momento difficile si può fare con una congregazione importante e con unione all’interno di un gruppo di lavoro. Serve sempre equilibrio e lucidità nell’analizzare la situazione per poi trovare le soluzioni giuste. Condividerle ed essere convinti. Se un gruppo di lavoro condivide ed è convinta di quello che fa, anche se l’idea non è del tutto corretta, poi la porta in porto. Allo stesso modo, se l’idea è corretta ma il gruppo di lavoro non è convinto di portarla avanti, non potrà mai essere vincente”.
CONTINUITA’ – “Come tenersi continui? Dandosi obiettivi quotidiani e a breve termine, raggiungibili. Non avere l’idea dell’obiettivo, ma mettersi sempre obiettivi da raggiungere, quotidiani e settimanali, a seconda dalle situazioni. L’idea della vittoria ci deve essere, ma dall’allenamento e dalla partita più importante, sono tutti quei micro obiettivi che ti permettono di raggiungere quello finale, il più importante. La mentalità vincente? Con lavoro, sacrificio, passione. Alla fine devi essere spinto da qualcosa di più grande dentro, che ti spinge a volere di più. C’è sempre qualcuno bravo che vuole lo stesso obiettivo. Volerlo a tutti i costi e dare tutto è fondamentale. Anche se uno non riesce al massimo e dà tutto se stesso, può ritenersi soddisfatto e accettare la sconfitta senza rimpianti”.
MENTORE – “Sicuramente mentori ne ho avuti, anche tanti. Calcisticamente, tecnicamente, due che mi vengono in mente sono Cannavaro e Legrottaglie. Fabio è stato uno dei difensori più grandi della storia italiana, abbiamo giocato insieme e ho cercato di rubare tutto quello che potevo, in tutti i giorni che abbiamo condiviso. Legrottaglie perché è stato il mio primo vero partner difensivo, mi ha insegnato tanto, mi ha convinto che questo potesse essere il ruolo ideale. E’ una persona di grande valori, è stato bello condividere con lui parte della carriera. Poi Gigi Buffon, fratello maggiore, è stato il mio capitano per tanti anni nella Juventus e in Nazionale. Per me è una persona che ha sempre saputo trovare le parole giuste, al momento giusto, nei vari momenti difficili. Non è una dote semplice, non si costruisce, ma è qualcosa di magico che ha sempre avuto”.
GESTIONE DEL TEMPO – “Quella è stata la parte più facile, ero a Torino, avevo 22 anni, tanto tempo che passavo da solo ed è stata per me una sfida. Ci tenevo alla triennale, sono cresciuto con la mentalità di laurearmi, poi la fortuna mi ha dato questa dote particolare nel calcio, da portare avanti. Per me e per la mia famiglia ci tenevo tanto. Studiavo in ritiro, a caso, volendo si trova. La testa ogni tanto non si trova. La triennale l’ho finita in 4 anni, i secondi due sono stati più difficili. Esami più difficili e tempo più grande, poi la famiglia e gli impegni aumentavano. Mi è sempre piaciuto studiare, l’ho trovato utile per presente e futuro, ti attiva il cervello e aumenta il valore di una persona. Lo studio sicuramente mi è servito dal punto di vista calcistico, per migliorare. Da dopo i 30, quando il fisico cala, tutto quello che riesci a sfruttare con la testa, mi ha permesso di fare le migliori stagioni dopo i 33 anni. E lo studio è stato parte importante”.
LAVORO E PROBLEMI – “Difficile non portarsi a casa il lavoro, anche per me. Mia moglie e la mia famiglia mi supportano e sopportano nelle varie dinamiche. Ma sono una fonte di energia inestimabile e grandissima. In ogni momento di difficoltà il loro appoggio è importantissimo, senza il quale non sarei qua. Riesce anche a farti staccare dalle pressioni lavorative, ti dà energie per questi momenti difficili. Quando tutto va bene, è semplice. Ma ci sono tanti momenti in cui le cose non vanno bene”.
TEAM COESO – “Come si fa? Le regole. Le gerarchie dall’alto. Siamo 25 e sullo stesso livello. Ma abbiamo gerarchie diverse che dettano la linea, le regole, la strada da seguire. L’anarchia non ha mai portato da nessuna parte. Io in primis in passato ho sbagliato ad andare oltre quelle che erano le mie competenze, si sono creati problemi. Per parlare del gruppo, la ricerca di un obiettivo comune che riesca a dare comunque risalto ai singoli è fondamentale. Le linee dall’alto sono sempre più importanti. Se arrivano determinate regole, seguirle è facile. Se mancano queste linee guida e non si sa dove andare, possono nascere difficoltà”.
LEADERSHIP – “Prima di tutto ognuno deve essere se stesso, non si può copiare anche se – faccio un esempio pratico con Buffon – non sarò mai come lui. Provare a emularlo toglie leadership e credibilità. Quello che si fa, lo si fa nel quotidiano, con l’esempio, con le parole. Costruendo un rapporto con le altre persone. Poi hai la considerazione necessaria per fare o dire qualcosa in più. La cosa principale è essere se stessi. Non tutti possono esserli, ma non è che non siano importanti. Nelle varie gerarchie, ognuno è importante. Porta qualcosa di diverso, altrimenti il gruppo non è così forte. C’è chi è più in vista, chi meno, ma sono comunque importanti. Penso a una squadra: siamo 25, multiculturali, età e luoghi diversi, oltre agli status sociali, siamo in miscuglio difficile da unire ed è importante il capocannoniere come il terzo portiere. Quello che gioca 10 partite e chi gioca 40. Trovare un equilibrio è fondamentale, bisogna dare qualcosa per aiutare la squadra”.
PROFESSIONALITA’ NEL CALCIO – “Per un laureato di economia, dipende dal ramo che vuole prendere. Ci sono tante direzioni. Devi metterti in mostra, colloqui o persone vicine a un determinato mondo. Poi dipende anche dalla fortuna, le persone brave che hanno voglia, nel tempo, sono riuscite a venir fuori. Comunicazione sportiva? Bisogna essere persone che sanno stare in certi ambienti, con tanta passione e voglia di lavorare. Credo sia valido per tutto. I miei fratelli, 24 e 26 anni, stanno trovando la loro strada: non bisogna demordere, io sono convinto che con impegno e passione quotidiana, oltre alla costanza, si riesce ad arrivare”.
POST CALCIO – “Scherzando prima, sto raschiando di ritardarla il più possibile, ma è sempre più vicina. La vivo con serenità, mi sono preparato studiando. Ho una laurea in Business Administration. Mi può servire nel futuro, mi piacerebbe rimanere nel mondo del calcio, ma in un ramo dirigenziale. Ci vuole calma, lucidità, per capire la strada giusta e la sfumatura giusta che uno si sente dentro. Sono talmente concentrato nel vortice di tensione ed emozione, che uno ha un’idea e poi magari non è quello che sente quando uno smette. So che devo imparare, studiare, ma conoscerò tante dinamiche sportive che alcuni non hanno. Ma partirò svantaggiato, perché c’è chi lavora nell’ambiente da tantissimi anni. Compenso con skills interne e sensibilità, ma ci vuole anche tanta umiltà: quando si passa dall’altra parte non si è subito pronti per ruolo ai quali uno aspira. Serve il giusto tempo per capire il proprio valore e il proprio talento”.
DA IMPRENDITORE – “C’è chi mi sta dietro, sempre un consiglio per gli investimenti. Alcuni settori in cui sono appassionato mi ispirano di più. Hai fatto l’esempio dell’intelligenza artificiale, l’agenzia di comunicazione con chi mi ha seguito per tanti anni. Poi abbiamo fatto una fusione con la società di Marchisio, abbiamo avuto la possibilità di fare anche qualcosa insieme. Poi il ramo assicurativo, la moda, settori molto giovanili e comunque di nomi che conoscevo. Mi hanno convinto di più. La passione mi ha portato a scegliere quest’investimenti”.
CHI REMA CONTRO – “I conflitti? Fanno parte della vita, provi a risolverlo. All’inizio si cerca di capire, trovare un compromesso, capire dove si può migliorare. Se ce l’ha con te, magari stai sbagliando. Mettersi in discussione è la cosa più importante. I problemi si risolvono se la strada è il bene collettivo e non il singolo. Credo d’aver tantissimi difetti, ma ho sempre messo al primo posto il bene del team, della squadra, non il mio. Da quel punto di vista se cerchi quello qualsiasi conflitto si risolve in modo positivo o con una separazione”.
ALLENATORE – “L’allenatore è già diverso. L’allenatore è un grado superiore. Si può rendere un rapporto il migliore possibile o trovare una via d’incontro. Ma lui è il capo e va seguito. Punto e basta. E’ diversa. Anche se non sono d’accordo, anche se le scelte sono state opinabili, posso rimuginare dentro ma si porta comunque avanti con convinzione l’idea. Non devi far trasparire troppo le tue perplessità. Non sempre uno ci riesce, ma l’obiettivo è portare avanti la direzione che dà il tuo capo. Anche quando non sei d’accordo”.
FIGURE NEL CALCIO – “Nei prossimi anni? Alla fine, se penso allo scouting e al match analyst, c’è stata un’evoluzione incredibile. Studio delle partite e dei giocatori, per comprarli. Ormai ci si basa di più sui dati. Su dei computer. Delle tabelle. Intelligenza artificiale. Lì la differenza starà a chi riesce a leggere diversamente quei dati e mettere qualcosa in più rispetto a ciò che ti dà il computer. Grazie all’arrivo sempre più massiccio degli americani nel calcio europeo ci sono sempre questi data immensi che ti danno tutte le caratteristiche in un giocatore. Vanno sfruttati e non combattute. All’inizio ogni novità sembra brutta, ma serve adattarsi. E bisogna far sì che l’uomo riesca a renderli speciali, trovando la sensibilità che la macchina non può avere. Dare un valore aggiunto”.
OBIETTIVO COMUNE – “I giovani devono mettere quella passione, quella voglia di lavorare tutti i giorni. Siamo 25 aziende che devono formare una squadra. Non è semplice. C’è chi ci arriva prima o dopo, ma se uno s’impegna e dà il suo massimo, poi va bene, c’è chi ci arriva dopo e chi non lo farà mai. Se sei educato e hai rispetto dei compagni e delle persone, e fai bene il tuo lavoro, sei a buon punto. Poi chi ha qualcosa in più a livello caratteriale e di testa, faranno l’upgrade. Ma già non avere nulla da farsi rimproverare è un buon punto. E’ chiaro che ci dev’essere l’ambizione di arrivare, sempre più in alto. Non va frenato, altrimenti io non sarei qui. Volevo crescere e dimostrare. Da Livorno al settore giovanile, alla prima squadra, alle nazionali giovanili… non va frenata la voglia di risaltare e di farsi notare. Va indirizzata nel modo giusto quando va contro l’obiettivo comune. Va guidato, quello…”.
fonte: ilbianconero.com
Questo post è stato pubblicato il 29 Ottobre 2021 15:57