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De Paul Juve, Marino: “A gennaio non si muove. Su Pogba…”

De Paul Juve – Pierpaolo Marino, dg dell’Udinese, ha parlato a Tuttosport, tra campo e mercato, blindando il suo gioiello De Paul: “Dove va? A gennaio da nessuna parte. Resta senza dubbio con noi. Poi quest’estate vedremo, ci sarà la Coppa America, poi se ne discuterà. A Udine un’altra stagione? Di sicuro c’è un feeling perfetto con la società. Il ragazzo ha trovato una maturità di pensiero e un equlibrio tecnico ottimale, è diventato un leader e qui si trova benissimo. Ti dico la verità: richieste vere, intendo dire cricostanziate, non ne abbiamo ricevute». 
 
Ma molte squadre sono interessate, vero? 
«Certo, ma finora quelli interessati non si sono neanche avvicinati alla quotazione, anzi sono scappati davanti al prezzo (ride). Scherzi a parte, non voglio dire una cifra, perché non sarebbe affatto logico visto che De Paul non è in vendita» 
 
Come sta l’Udinese a pochi giorni dalla sfida con la Juventus? 
«Abbiamo avuto questa brutta battuta d’arresto con il Benevento, imprevista e imprevedibile, anche se non ho nulla da recriminare sugli indubbi meriti del Benevento che ha giocato un’ottima partita. Stavamo crescendo bene, venivamo da due vittorie, peraltro contro Lazio e Torino fuori casa, e due pareggi, prima avevamo raccolto un punto importante contro il Sassuolo, insomma eravamo certamente in un momento di progressione e la sconfitta con il Benevento è stata una mazzata che ci ha riportato indietro nel processo di crescita». 

De Paul Juve, la confessione di Pierpaolo Marino


Quindi è il momento giusto o quello sbagliato per affrontare la Juventus? 
«Se è giusto o sbagliato lo capisci sempre dopo il risultato (ride). Diciamo che da come si è sviluppata la storia della loro stagione, vengono da una situazione analoga alla nostra, con le dovute proporzioni la loro sconfitta con la Fiorentina è stata una mazzata simile alla nostra contro il Benevento. Uno stop che arriva al culmine di una serie di prestazioni importanti. In questo senso, direi che affrontare una Juventus arrabbiata e smaniosa di rivincita non è mai il massimo, ma anche l’Udinese sarà arrabbiata e vogliosa di cancellare il Benevento». 
 
E, vista da fuori, la Juventus come sta? 
«Resettando la partita con la Fiorentina, direi molto bene, perché non è facile affrontare una stagione nella quale si sono operate trasformazioni profonde nella rosa, si è cambiato guida tecnica e si sta cercando di creare un nuovo ciclo vincente dopo aver vinto nove scudetti di seguito. Non mi stupisce vedere un po’ di altalena nei risultati, di solito capita così quando si cambia molto. Poi su di loro pesa l’obbligo di essere vincenti e questo complica ancora di più. A me il loro progetto piace: mi sembra logico, coerente e una buona base per il futuro. La forza di una società si vede in queste situazioni in cui bisogna gestire le difficoltà facendo gruppo e cementando le certezze tecniche e psicologiche». 
 
Pirlo in panchina è un rischio? 

«Non lo definirei un rischio o, semmai, un rischio calcolato. Ogni volta che l’ho incrociato e ho scambiato qualche parola con lui ho avuto l’impressione di una persona con una grande profondità di pensiero. E’ un uomo cerebrale, capace di quel tipo di ragionamento che serve per guidare una grande squadra nella quale bisogna sapersi districare fra mille situazioni diverse che richiedono grande riflessività oltre che competenza. E’ stato un grande direttore d’orchestra in campo, sono sicuro che lo può essere anche in panchina. E poi c’è Tudor che nella breve parentesi a Udine mi ha lasciato un grande ricordo come uomo e come professionista». 
 
Perché Tudor non è riuscito a mantenere la guida dell’Udinese? 
«Ha fatto dieci punti in dieci partite, poi con quelle sconfitte, con Atalanta per 7-1 e Roma per 4-0, qualcosa si è rotto e non era possibile aggiustarlo, ma non era lui il colpevole. Tudor è un positivo, un grande motivatore. Anzi mi spiace non avergli potuto dare una seconda chance a Udine, perché gliela avrei concessa volentieri». 
 
Fabio Paratici ha centrato il colpo McKennie, sembra quasi uno degli affari dell’Udinese: giocatore poco conosciuto che in Italia esplode nel suo talento. 
«Sì, per certi versi è vero. McKennie mi ha sorpreso, un giocatore eccellente e mi ha stupito per la velocità con cui si è inserito». 
 
Perché le grandi cercano raramente operazioni del genere? 

«Perché chi ha la necessità di vincere non può rischiare. E fare quel tipo di mercato comporta un rischio d’impresa enorme, perché se poi qualcosa va storto rischi di perdere quei 4 o 5 punti che fanno la differenza fra vincere e non vincere. Spesso le grandi squadre cercano giocatori pronti, abituati a vincere, facilmente inseribili nella rosa». 
 
Il mercato americano è la nuova frontiera? Dietro a McKennie sgomita Reynolds, nel Barcellona c’è Dest… 
«Non è solo la nuova frontiera del mercato, il calcio americano rappresenta la nuova frontiera tecnica che fra cinque o sei anni potrebbe primeggiare a livello mondiale. In Europa abbiamo avuto un atteggiamento un po’ snob, ma io che lo seguo con grande attenzione ho notato che dal 2011 in poi negli Stati Uniti il calcio ha compiuto passi importanti. Il più importante è stato entrare nei college, dove adesso fa concorrenza seria a basket e football nel reclutamento dei giovani. E il sistema americano negli sport di squadra è micidiale, funziona sempre, anche perché abbina sport e studio in un circolo virtuoso che dà risultati eccellenti. Adesso vediamo i primi giocatori, come McKennie, ma è l’avanguardia di un flusso che fra cinque o sei anni porterà il calcio americano ai vertici delle competizioni mondiali». 
 
Lo prenderebbe Llorente alla Juventus? 

«Non conosco gli equilibri, quindi non mi sento di dare giudizi. Certo la Juventus ha dimostrato con Morata di avere una grande capacità di azzeccare i ritorni. Nessuno avrebbe scommesso su Morata e invece sta avendo eccellenti risultati. Sono sincero, io non sono mai per le minestre riscaldate, ma la Juventus ha dimostrato di saperle cucinare alla grande, penso a Morata, ma anche a Bonucci o Buffon…». 
 
Ci sono giocatori che sembrano eccellere solo alla Juventus, come Morata appunto. 
«Nella mia carriera ho imparato che la caratura caratteriale del giocatore è importante. Molti rendono al massimo solo se si sentono apprezzati o se si trovano in determinati contesti che li mettono a loro agio psicologicamente, infondendo loro fiducia. In questo la Juventus è impareggiabile». 
 
Quindi è normale che anche Pogba sogni il ritorno. 

«Non mi meraviglia affatto. La Juve sa come far rendere i ritorni». 

marino

fonte: ilbianconero.com

Questo post è stato pubblicato il 30 Dicembre 2020 14:57

Leonardo Costa

Laureato in Scienze della Comunicazione presso l'Università degli studi di Torino. Dopo varie esperienze lavorative nell'ambito giornalistico, mi sono specializzato in quello sportivo e in particolare con il portale Calcioj.com. Da sempre pratico sport con una passione particolare per il calcio e la bici. Occhio sempre vigile sull'evoluzione dell'informazione.

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