Bernardeschi su Astori – Tre anni fa, la morte di Davide Astori. Federico Bernardeschi, a Ossi di Seppia, ha raccontato lo sgomento e il vuoto di quei giorni.
IL VUOTO – “Se chiudo gli occhi e ritorno a quella giornata la sensazione è di vuoto assoluto. Ho provato a chiamare i dottori della Fiorentina, persone che conoscevo benissimo. Nessuno mi rispondeva. Il dottore della squadra mi ha dato conferma sono scoppiato a piangere e anche adesso non riesco a parlarne. Un conto è apprendere una notizia del genere e un conto è conviverci. Andare a letto la sera e non svegliarsi più la mattina dopo è una cosa che ti porta a tante riflessioni”.
IN NAZIONALE – “L’ultima volta? In nazionale. Fino alle tre del mattino in camera a mangiare noci e a chiacchierare di tutto: dalla famiglia fino al calcio e alla vita. Un ragazzo puro, semplice. Quando trasmetti questi valori non ci sono bandiere, non ci sono colori, ma semplicemente c’è l’umanità. Siamo visti come invincibili, ma siamo essere umani con debolezze, fragilità e punti di forza. Arrivava da dietro e mi dava uno scappellotto. Diceva: “Tanto nella giornata uno te lo meriti”. Quando segnavo era il primo a venirmi sulle spalle. Amava scherzare, ma aveva sempre una parola buona, un consiglio da darti, sapeva tirarti su anche nei momenti difficili”.
IL FUNERALE – “Mi ha devastato a livello umano e personale perché è stato un momento magico con tantissima gente e tragico perché ci siamo tutti resi conto che lui non c’era più. Questa esperienza mi ha insegnato a godermi tutte le persone care in ogni singolo momento. Per avere tanti ricordi come se queste persone rivivessero sempre. Mi sono tatuato il suo numero il 13. È un pezzo della mia storia, è stato come un fratello calcistico. Doveva essere impresso per tutta la vita incastrato nell’Ave Maria, come se fosse protetto. Lui ha lasciato l’essere umano nel calcio. Ha portato lealtà, genuinità, purezza e amicizia”.
fonte: ilbianconero.com
Questo post è stato pubblicato il 4 Marzo 2021 2:00