Intervista Lippi – Marcello Lippi, ex allenatore della Juve e ct della Nazionale Campione del Mondo 2006, ha parlato in una lunga intervista a Tuttosport a due giorni da Inter-Juve.
CONTE E PIRLO – «Qualche tempo fa il vostro giornale aveva pubblicato un’inchiesta dal titolo: ecco tutti i figli di Lippi. Era spuntata mia moglie mentre ero su quella pagina e ho dovuto rassicurarla: cara, non è come pensi (ride). Mi sembra che della squadra campione del mondo nel 2006 siano quattordici su ventitré. E poi ci sono quelli della Juventus: Zidane, Deschamps che anche lui ha vinto un Mondiale, Paulo Sousa, Montero, sono tanti e sa cosa significa? Che si diventa vecchi!».
ISPIRAZIONE – «Non lo so, sono sincero, non lo so e più di tanto non mi interessa. Mi fa piacere sentirli, mi inorgoglisce tantissimo sentirli dire che si sono ispirati a me o vedere qualcosa nel loro modo di allenare che ricorda il mio. Se li ho ispirati mi fa immensamente piacere, perché vuol dire che qualcosa ho lasciato, ma anche perché si tratta di grandi campioni».
PIU’ SIMILE – «Domanda difficile, anche perché ammetto che anche io mi diverto a fare qualche accostamento. Diciamo che nella gestione dei rapporti con la squadra mi identifico molto in Gattuso. Lui ha un modo di fare che ho sempre avuto anche io. E spesso me lo dice. Gattuso non è mica solo rabbia agonistica, è uno che sa organizzare le sue squadre, le sa gestire».
Intervista Lippi, le parole dell’ex CT dell’Italia
PIRLO CONTRO CONTE – «Qui se uno vuole fare bella figura può tirare fuori la formuletta: quando li vedevo in campo intravedevo già nel loro modo di interpretare la partita il loro talento da allenatori. Potrei dirlo, ma non sarei sincero. La verità è che si tratta di due ragazzi di grande, grandissima intelligenza, sempre molto attenti a quello che succedeva intorno a loro, sia in allenamento che in partita. Due che capiscono il calcio e quindi lo possono spiegare e insegnare. Conte ha sempre avuto quella maniacale applicazione che ora mette nel lavoro di allenatore. E anche Pirlo è sempre stato un perfezionista con una visione di gioco superiore alla media».
INTER-JUVE PER LO SCUDETTO – «Non tantissimo a livello di punti. Anche se dovesse vincere l’Inter e allungare mancano ancora troppe partite perché possa essere considerata una sentenza. A livello di crescita mentale, tuttavia, vincere o perdere può fare la differenza. L’Inter è più avanti, perché Conte è lì dall’anno scorso, ha migliorato, perfezionato, sistemato le pedine giuste al posto giusto. Andrea sta compiendo un cambiamento radicale, sta impostando un atteggiamento nuovo, cerca di giocare in modo diverso e mi sembra stia iniziando a raccogliere i primi frutti. Sarà una sfida meravigliosa».
SCELTA AZZARDATA – «No. Partiamo da un presupposto: la decisione è stata presa dopo nove scudetti consecutivi e altri trionfi assortiti, quindi se lo può permettere per rinnovare gli stimoli e mettere le basi per un nuovo ciclo. Poi considero Andrea una persona di grande intelligenza, che conosce bene l’ambiente ed è conosciuto benissimo dall’ambiente e da Agnelli stesso. E’ una scommessa, quello sì, ma non è un azzardo, ha una sua logica».
DIFFICOLTA’ CONTE – «Ma no, credo che siano situazioni differenti. Le mie difficoltà erano rappresentate dal fatto che avevo trovato una squadra completamente da ricostruire, che l’anno prima era arrivata dodicesima cambiando quattro allenatori in una sola stagione. Non credo che si possa dire che passare dalla Juventus all’Inter sia difficile a prescindere. Basti pensare a quello che ha fatto il Trap, che all’Inter vinse uno scudetto record».
DIFETTI – «Forse sono entrambe un po’ troppo dipendenti da un solo uomo: Lukaku da una parte e Ronaldo dall’altra. Senza quei due giocatori il potenziale delle due squadre diminuisce notevolmente. D’altra parte si tratta di fuoriclasse notevoli».
RONALDO – «Beh, è lecito che ogni tanto possa essere stanco e abbia una o due partite un po’ abuliche. Ma io mi rendo conto che quando entra in campo, per esempio a partita in corso come in Coppa Italia, l’effetto è comunque dirompente. Gli avversari dicono: ahi, questo può fare male in qualsiasi momento. I compagni prendono coraggio: con lui, si vince. E’ un fattore che incide. Il mio Ronaldo? Uh, domanda spinosa. Devo dire che la forza delle mie squadre, parlo delle mie Juventus, lasciando stare per un attimo la Nazionale, è sempre stata l’unità del gruppo, la compattezza morale. Tuttavia nella mia carriera ho avuto la fortuna di allenare gente come Del Piero, Zidane, Inzaghi, Nedved, Vialli… che forse non hanno i numeri di Ronaldo, ma sono stati giocatori determinanti e fenomenali. Poi alla Juventus me li cambiavano ogni anno! (ride). Per carità, me ne toglievano uno forte e ne inserivano uno forte, non mi potevo lamentare. Ma siccome io ho sempre pensato il gioco partendo dalle caratteristiche degli attaccanti, spesso mi ritrovavo a ristudiare la tattica. All’inizio avevo Vialli, Ravanelli e Del Piero, forti fisicamente e con loro agivamo in pressing altissimo, a volte perfino sul portiere, una squadra corta e aggressiva. Poi era arrivato Zidane e, in pratica, non servivano schemi, perché quelli li inventava lui (ride). Poi arrivò Boksic e lui andava servito subito. Insomma ogni anno vendevano, compravano e io cambiavo».
BUFFON – «No, lo ammetto, che Buffon giocasse ancora a 42 anni non me lo aspettavo. Anche perché lui avrebbe pronta una carriera importante da dirigente, della Juventus o della Federcalcio, con un ruolo di altissimo livello, perché una figura come la sua lo meriterebbe. Uno con la sua capacità di comunicare, con la sua personalità, con la sua saggezza… Si vede che non gli è ancora venuto a noia andare al campo, lavorare e giocare. E’ bellissimo: continui finché è così».
AGNELLI – «La famiglia ha sempre espresso figure di altissimo livello, come l’Avvocato e come il Dottore. E Umberto Agnelli era una figura di altissimo livello, per molto tempo la figura dell’Avvocato aveva catalizzato l’attenzione, ma il Dottore era altrettanto grande. Mi ricordo che quando morì, parlavo con la moglie Allegra e riflettevamo su come era passato così poco tempo dalla morte del fratello. Ma in quel breve periodo il mondo si stava rendendo conto del valore umano e manageriale del Dottore. Non saprei dire se Andrea gli assomiglia, certamente è orientato in quella direzione, ma gli mancano gli anni di esperienza che in questo caso sono molto importanti. La preparazione e il carisma, però, sono di famiglia».
CHAMPIONS 25 ANNI FA – «Quando abbiamo vinto il Mondiale erano passati 24 anni dall’ultimo… chissà che non sia quello il periodo che deve trascorrere fra un trionfo e l’altro. Scherzi a parte, questo potrebbe anche essere l’anno buono per la Juventus, perché le squadre con allenatori come Pirlo, che nella sua carriera ha sempre frequentato i piani altissimi del calcio e delle sue competizioni, potrebbero paradossalmente avere più problemi a trovare la concentrazione in partite più banali rispetto alle grandi sfide, vedi il 3-0 rifilato al Camp Nou al Barcellona».
fonte: ilbianconero.com