Raiola annuncia il futuro dei suoi assistiti. Mino Raiola, a margine dei Golden Boy, ha parlato dei suoi assistiti. Ecco un estratto delle dichiarazioni.
PREMIO – “Fa piacere, vuol dire che le cose le facciamo al meglio. Un onore lavorare con questi giocatori. Niente male, eh? C’è da essere orgogliosi”.
DE LIGT – “Farà il premier olandese? Confermo. Un giocatore non banale. E’ onesto, anche quando si deve criticare. Un leader nato, prende decisioni per sé e per il gruppo. E’ stato invitato alla Casa Reale, non fa discutere, mette d’accordo tutti su ciò che dice e fa. Può gestire un Paese. A Torino? Parla italiano meglio di me”.
Raiola annuncia il futuro dei suoi assistiti, le parole al Golden Boy
POGBA – “Avrà un grande futuro, non lo so. Leggo il futuro, non i futuri. In Inghilterra sono molto sensibili quando si parla di Pogba. Ho espresso un mio pensiero, un mio parere. Niente di eclatante, credo sia chiaro. Dovrei aver detto di parlare d’estate, i grandi giocatori difficilmente si muovono a gennaio. Ora vediamo in estate, viviamo un mondo molto cambiato”.
BALOTELLI – “Balotelli può essere fondamentale per questo Monza. Il segnale che ha dato Galliani con Berlusconi è stato dirlo a tutti: faremo di tutto per portarlo in Serie A. Sappiamo che è indietro nella preparazione, lo porteremo in forma il più presto possibile. Avere un giocatore come Balotelli in squadra dà un segnale forte: nessuno vuole restare in B con uno come Balotelli in squadra”.
GALLIANI – “Bellissimo messaggio, lo stimo molto. Anche quando si parla del Milan non è così gentile, diventa osso duro e non c’è amicizia. Abbiamo lottato però sempre lealmente, sento grande amicizia per Galliani. Uomo fantastico. Aneddoto? Mi ricordo anche qualche litigata, però va bene, quando si arrabbia s’arrabbia, anch’io lo stesso. Il nostro rapporto è nato a una premiazione di Zlatan, ero seduto di fianco a lui e mi accusò di non contattarlo mai. Gli risposi di avere contatti con Braida, non ero ancora a quei livelli. Da lì mi disse di andarlo a trovare, poi è nata l’amicizia. E’ un bel rapporto. La nostra avventura a Barcellona era un’operazione davvero difficile, non era facile portare via Zlatan dopo quello che avevano speso. Ci siamo riusciti, sono contento”.
IBRAHIMOVIC – “Dice sempre bugie (sorride, ndr). Noi abbiamo sempre questa lotta: chi ha fatto chi? Niente conclusione. Ma sa la verità: ho fatto io lui, gioco perché voglio giocare. Fino a 50 anni? Con Zlatan non l’ho mai visto stanco, altri sì, che mi facevano quasi pena perché non ce la facevano più a portare energia positiva, prima con te stesso e poi la squadra. Il mio problema è che non ho mai visto questo con Zlatan, già sa la risposta. Può giocare ancora 5 anni. Ho visto anche il recupero dopo l’infortunio, se lo fai con quell’energia, quella positività. Mi pento solo che sia andato 2 anni in America, anni sprecati. Doveva restare in Europa, nel calcio vero. Per me sono 5 anni ancora, poi sarà presidente di qualche squadra, dell’Uefa. Per fargli cambiare il mondo. Quando chiama? Spengo. Bisogna farlo aspettare, dire che non hai tempo, altrimenti si monta la testa e poi gliela devi mettere a terra. E’ normale, è giusto, deve sapere chi è e chi non è. Abbiamo un rapporto – e ho questa fortuna di averne così con tutti – come se fossero parte della mia famiglia, loro lo sanno e con Zlatan abbiamo fatto delle avventure che poche volte si vedono in carriera. Ma con altri giocatori abbiamo passato le stesse emozioni. Lui è un po’ esagerato in tutto, dobbiamo fargli credere che è il più bravo, bello, simpatico, cattivo. E glielo facciamo credere”.
QUALCHE SEGRETO – “Cosa non si sa di Ibra? Non è così duro come sembra. E’ molto meno duro di quello che sembra. Cuore tenero? Molto. Non per me. Mi tiene sulla corda, come faccio con lui. Lo fa con i compagni di squadra, lo fa con tutti. Vuole il meglio e dà il meglio. O ti ama, o ti odia. In mezzo non c’è niente. Non esiste 99%. Credo ci siano stati momenti in cui mi ha odiato, poi però se l’è fatta passare”.
PAOLO ROSSI – “Erano anni in cui l’Italia all’estero veniva criticata come paese. Il calcio italiano in Olanda era una bestemmia: catenaccio, 433, chiaramente ti parlo dell’Ottantadue. La mia prima paura? Che non vinceva l’Olanda. La seconda era che giocasse bene l’Italia. Ci ha dato la soddisfazione di sentirsi italiano, di poter gioire e vedere un Paese unito. Queste vittorie, anche nelle cose drammatiche, ti portano insieme, vicino. Mi ricordo una foto in copertina: c’era la mia famiglia che festeggiava questa Coppa del Mondo. Gioivamo con gli olandesi e ti dà forza per andare avanti e avere orgoglio nel tuo paese. Da emigrante sei sempre orgoglioso. Paolo rossi è stato un giocatore di assoluta classe, nei comportamenti e nelle vittorie. Dipende anche come le vivi, le vittorie: fece vedere che siamo un Paese con grande classe”.
PREMIO – “Ora lo porto a Zlatan? Facciamo un patto: gli do questo e mi dà tutti i suoi guadagnati nella carriera”.
fonte: ilbianconero.com