Retroscena Juve – Più o meno la stessa la zona del cross: la trequarti, sulla sinistra. Più o meno la stessa la zona in cui colpisce: la destra dell’area piccola. Più o meno la stessa la zona in cui indirizza il pallone – il primo palo – e la stessa la parte del corpo con cui lo colpisce: la testa. Gli stessi gli esiti: gol, rimonta, festa.
Finiscono qui le analogie tra il colpo di testa con cui Cristiano Ronaldo cominciò a ribaltare l’Atletico Madrid il 12 marzo 2019 e il colpo di testa con cui ha finito di ribaltare l’Udinese ieri. Quello, e le due reti successive, segnano il momento finora emotivamente più alto dell’esperienza juventina di CR7.
Non il più importante, perché gli Scudetti vinti valgono di più di un ottavo di Champions (e forse ieri un bel po’ di tifosi se lo è ricordato), ma il più emozionante sì: perché in quella notte il sogno accarezzato da tutti gli juventini al momento dell’acquisto di Ronaldo – vincere di nuovo quella Coppa – sembrò davvero potersi realizzare.
Dopo tre bruschi risvegli con Ajax, Lione e Porto, ieri il sogno – il fuoriclasse portoghese che trascina la Juventus alla Champions – pareva sul punto di infrangersi defnitivamente: una sconfitta a Udine che pareva minuto dopo minuto ineluttabile e che la Champions alla Juventus avrebbe probabilmente impedito anche di giocarla. Spingendo Ronaldo lontano da Torino.
Non è ancora sicuro che a lottare per riprendersi lo Scudetto ci sarà anche CR7 anzi, CR775, quante sono diventate le sue reti (-30 da Josef Bican, miglior marcatore della storia). Il gol di testa e il rigore dell’1-1 non spazzano via il rischio: la Juventus vista ieri (e non solo ieri) è stata così brutta da poter ancora perdere la Champions e il suo fuoriclasse.
E i 27 gol in 30 presenze in campionato, che lo fanno sempre più capocannoniere, sono un indizio di quanto peserebbe. Le esultanze, però, spazzano via i dubbi sul fatto che Ronaldo sia un corpo estraneo alla squadra. Prima la corsa a prendere il pallone dentro la porta per guadagnare ogni secondo utile a cercare la vittoria, poi la corsa ad abbracciare la panchina: non solo l’amico Carlo Pinsoglio, ma anche il vice di Andrea Pirlo, Roberto Baronio, l’ultimo a staccarsi da lui, fronte contro fronte, dopo che tutta la Juventus aveva sommerso in un unico abbraccio il suo campione, che poi ha continuato a stringere ogni compagno che gli si avvicinava.
fonte: tuttosport.com
Questo post è stato pubblicato il 3 Maggio 2021 11:17